#Campagna16 #giorni11: “Una Campagna come nostro contributo”

Oggi la tetsimonianza di Rita Petrilli, Esperta di Diritti Umani e focal point per la campagna per la sede di AICS Beirut: “Contro la violenza ognuno di noi può dare il suo contributo”.

La Campagna di racconti e di testimonianze che stiamo per concludere non può lasciare nessuno indifferente, a maggior ragione chi come noi segue da vicino lo svolgimento delle iniziative frutto dell’intervento italiano a sostegno delle carceri libanesi. Come professionista e donna rimane dentro di me la FORTISSIMA EMOZIONE, emersa durante il momento della raccolta di queste STORIE così TOCCANTI, da far piangere alcuni colleghi presenti al mio fianco. Da una parte, perché le storie andavano raccolte in ambiti straordinari quali le prigioni. Ma anche perché le persone da raccontare non sono solo detenute e, pertanto, persone vulnerabili, ma sono ESSERI UMANI e, in particolare, DONNE.

La domanda sul perché andare in prigione a raccogliere storie di violenza sulle donne trova una riposta nei motivi stessi che hanno portato la Cooperazione italiana a sostenere il Governo libanese, colpito da una grave crisi economica e sociale, per migliorare la situazione penitenziaria e giudiziaria. In un paese dove la maggior parte della popolazione carceraria si trova in custodia cautelare, i detenuti hanno bisogno di assistenza legale e psicosociale. Sfida che AICS Beirut ha deciso di cogliere promuovendo iniziative a sostegno dei detenuti, in collaborazione con le OSC ARCS, Ajem e Movement Social.

Ho potuto vedere come il nostro sostegno fosse in grado di accendere SPERANZA a queste donne che sono in prigione pur essendo delle VITTIME.  Molte di loro sono finite in carcere a causa dell’ambiente familiare violento in cui hanno vissuto, per una reazione estrema a ennesime violenze subite, senza che la società intervenisse per aiutarle. Hanno dovuto proteggersi da sole e hanno visto come unica via d’uscita e ULTIMO GESTO DISPERATO il CRIMINE.

Mi ha molto colpito una donna detenuta, che ha già scontato 24 anni di prigione, quando mi ha detto “l’HO UCCISA” con le lacrime agli occhi, riferendosi alla sua datrice di lavoro.  Aveva solo 19 anni, era il suo primo lavoro come collaboratrice domestica e per difendersi dalle continue percosse ha compiuto questo gesto e ha passato il resto della sua vita in prigione.

Dal carcere si RIPARTE, le testimonianze delle detenute e degli operatori ci dimostrano che è possibile, che le attività intraprese con i progetti di cooperazione di AICS Beirut insieme alle OSC hanno un impatto positivo e sono fondamentali per avviare un processo di recupero.

L’assistenza legale, ci riferiscono gli avvocati di AJEM e Mouvement Social, è la prima cosa che chiedono i detenuti appena arrivano in prigione. Grazie a questa attività molte donne detenute, in attesa di giudizio da anni, hanno ottenuto una sentenza e sono uscite di prigione. Quando ho letto i rapporti sull’assistenza legale fornita con il nostro progetto, e ho appreso che alcune detenute sono state scarcerate, anche se è una goccia nel mare, questa goccia può ricominciare a vivere, e questa è la GRANDE GRATIFICAZIONE del mio lavoro in Cooperazione.

Il supporto psico sociale e la formazione le hanno aiutate a riprendere confidenza in sé stesse, a perdonare e non odiare coloro che le hanno maltrattate, a cercare di ristabilire un diverso rapporto all’interno della famiglia e a ottenere gli skills necessari per affermare la propria INDIPENDENZA nella vita futura fuori dalle mura carcerarie. È stata una soddisfazione sentire queste parole: – “Sono entrata in carcere che ero persa, spezzata, sola, adesso ho riacquistato fiducia in me stessa quando esco voglio lavorare ed essere autonoma”. 

Le testimonianze che abbiamo ascoltato devono far aprire gli occhi a tutti: alle altre vittime di violenza per reagire, denunciare e cercare supporto e alla società perché va cambiata la mentalità che tollera la violenza. Mi ha fatto riflettere che le stesse madri non si oppongano alle violenze sulle proprie figlie e a volte le mettano in atto loro stesse perché sono anch’esse vittime di una mentalità malata.

Ognuno di noi può e deve contribuire a combattere la violenza per tutelare ed affermare i diritti delle vittime che non devono restare SOLE.

Campagna #16 #giorno12 Lamis: tra matrimonio precoce e violenza

Lamis, 30 anni, di nazionalità siriana, è detenuta in una prigione femminile in Libano.

Orfana di genitori, che non ha mai conosciuto, è cresciuta con la nonna paterna. All’età di 13 anni, il fratello l’ha costretta, PICCHIANDOLA, a un MATRIMONIO PRECOCE. Nel 2011, allo scoppio della guerra, è venuta in Libano con il marito.

Con 7 figli viveva con la famiglia del marito, tossicodipendente che non aveva occupazione e la costringeva a lavorare come domestica, per mantenere la famiglia. 

Dopo 14 anni di matrimonio ha lasciato marito e figli per tornare dal fratello che l’ha picchiata e messa per strada. Quando poi, ha iniziato a lavorare in una fabbrica ed  ha provato ricostruirsi una vita, e’ stata  accusatata ingiustamente dal suo datore di lavoro di furto e tentato omicidio e quindi arrestata e si trova in prigione da 6 mesi. 

Grazie al progetto di AICS Beirut, un avvocato si sta occupando del suo caso ed che la sta seguendo, è fiduciosa che sarà assolta perché INNOCENTE.

È una donna, sola, vittima di violenza che grazie all’aiuto di uno dei nostri progetti di cooperazione avra’ speranza di una vita migliore.

Campagna #16  Giorno #13, Gerosa: “Maggiormente discriminate in quanto Donne”

Giulia Gerosa, cooperante italiana è la coordonatrice del progetto “DROIT” presso ARCS in Libano

 

L’ONG italiana ARCS è l’ente esecutore dei Progetti DROIT 1 e 2 finanziati da AICS. Come coordinatrice del progetto è presente in Libano una giovane italiana, Giulia Gerosa: “grazie a questo progetto, con AICS e le due OSC locali (Ajem e Mouvement Social) siamo entrati all’interno della problematica di riforme normative e assistenza legale ai detenuti, in particolare delle detenute donne nelle prigioni femminili del Libano”.

Giulia ci ha riferito che: “È stato molto importante per tutti noi operatori sociali che lavoriamo all’interno delle prigioni di TOCCARE CON MANO L’INGIUSTIZIA che colpisce i detenuti in quanto privati della libertà”.

Poi, sottolinea con enfasi che “questo fatto è maggiormente vero per le donne che subiscono uno sbilanciamento di potere a causa di una società fortemente patriarcale a cui appartengono. Spesso subiscono abusi e la loro condizione influenza il destino a cui vanno incontro”.  

La coordinatrice di progetto per ARCS sostiene che le attività svolte nell’ambito del progetto della Cooperazione italiana siano state importantissime per garantire alle detenute dei diritti di base quali l’accesso all’assistenza legale che altrimenti non avrebbero avuto e, in alcuni casi, la finalizzazione del procedimento giudiziario ottenendo l’assoluzione

Il messaggio che vorrei portare è che bisogna avere una maggiore attenzione ai gruppi vulnerabili e che, all’interno di detti gruppi, e’ necessario capire quali sono le dinamiche di potere e quali possono essere le persone che maggiormente vengono discriminate, in questo caso le DONNE”.