Campagna #16 giorno #9, L’Avvocato Khoury: “LOTTARE CONTRO LA VIOLENZA CON DETERMINATE POLITICHE E REGOLE”

Oggi la testimonianza di Adham El Khoury, avvocato e assistente legale in Mouvement Social

   Adham El Khoury è un avvocato libanese impegnato da anni in diversi settori, tra cui quello aziendale e commerciale, ma ha avuto l’opportunità di lavorare con Movement Social, organizzazione della società civile che collabora con AICS Beirut nel progetto di assistenza ai detenuti, tra cui le donne detenute nelle due carceri femminili di Baabda e Barbar El Khazen a Beirut.

Questo progetto per me è molto gratificante perché costituisce l’unico lavoro con scopo umanitario che svolgo, ecco perché mi appassiona. Da quando ho iniziato la mia collaborazione con Mouvement Social, sto aiutando persone vulnerabili che non possono  permettersi un avvocato difensore e che senza questo supporto rimangono senza difesa. Sento la responsabilità che mi assumo perché queste persone contano su di me “.

Per la campagna di #16 giorni contro la violenza di genere sulle donne,  così ha parlato Adham durante il colloquio coi nostri esperti. “Il lavoro che stiamo facendo grazie al contributo dell’AICS mi commuove quando vedo il risultato. Ciò significa aiutare i detenuti, in particolare le donne, seguire le loro pratiche nell’ambito dell’assistenza legale,  di cui la maggior parte dei detenuti sono sprovvisti, aiutarli ad ottenere una sentenza e a uscire dalla prigione.” L’assistenza legale è una delle componenti più importanti del progetto finanziato dall’AICS e questa è anche la prima richiesta delle persone detenute. In Libano non esiste il gratuito patrocinio, la difesa d’ufficio è rimesso al volontariato.

Quando qualcuno  e’ arrestato, la prima cosa di cui ha bisogno è un avvocato che spesso non ha. L’assistenza e legale e’ affidata a me per seguire il loro caso.”

Ricorda varie storie di donne mandate in carcere mentre erano anche loro stesse delle vittime. Storie che ci siamo impegnati a raccontare sin dall’inizio di questa campagna, indetta a livello centrale da AICS e suffragata a da queste testimonianze

Per l’avvocato Adam, “la violenza non ha genere, la violenza sulle persone va combattuta e basta.  Si dovrebbe agire a livello legislativo e regolamentare ma anche nella società e nelle comunità attraverso  campagne di sensibilizzazione per dare alle persone consapevolezza, e promuovere i diritti delle donne”.

Campagna #16 STORIA #10: “Basma, vittima di violenza sul lavoro”

Oggi la storia di Basma, migrante detenuta in una prigione femminile in Libano.

 

Basma, 44 anni, viene dal Sri Lanka. È arrivata in Libano all’età di 19 anni e ha trovato occupazione come lavoratrice domestica presso una famiglia libanese. 

La sua esperienza lavorativa è stata una tortura, “mi picchiavano e maltrattavano continuamente, il marito anche con bruciature di sigarette sul mio corpo, dormivo in cucina, avevano sequestrato i miei documenti, mi chiudevano in casa e, oltre a tutto questo, non mi pagavano per il mio lavoro”.

Dopo un anno si è ammalata e ci ha raccontato  “Un giorno non avendo diritto ad un telefono, ho usato di nascosto il telefono della signora e ho chiamato un mio vicino in Sri Lanka per chiedere aiuto, la signora se n’è accorta e mi ha picchiata selvaggiamente, a quel punto per DIFENFERMI L’HO UCCISA con un coltello”.

Quindi Basma è stata arrestata e condannata al carcere  a vita. Grazie all’assistenza legale la sua pena è stata ridotta a 25 anni per buona condotta. Ha già scontato 24 anni e 6 mesi, pertanto tra poco uscirà di prigione e vorrebbe tornare in Sri Lanka dalla sua famiglia.

In prigione Basma è considerata un modello per le altre detenute, la Direttrice del carcere manda tutte le nuove arrivate da lei a fare una introduzione. Nell’ambito dei progetti finanziati da AICS, ha seguito corsi di formazione e ha lavorato come estetista, parrucchiera, sarta, artigiana, per produrre un po’ di reddito e mandare denaro a casa in Sri Lanka.

In prigione ho imparato come costruirmi una VITA MIGLIORE e come ESSERE DI AIUTO agli altri”.

 

 

#Campagna16 #giorni11: “Una Campagna come nostro contributo”

Oggi la tetsimonianza di Rita Petrilli, Esperta di Diritti Umani e focal point per la campagna per la sede di AICS Beirut: “Contro la violenza ognuno di noi può dare il suo contributo”.

La Campagna di racconti e di testimonianze che stiamo per concludere non può lasciare nessuno indifferente, a maggior ragione chi come noi segue da vicino lo svolgimento delle iniziative frutto dell’intervento italiano a sostegno delle carceri libanesi. Come professionista e donna rimane dentro di me la FORTISSIMA EMOZIONE, emersa durante il momento della raccolta di queste STORIE così TOCCANTI, da far piangere alcuni colleghi presenti al mio fianco. Da una parte, perché le storie andavano raccolte in ambiti straordinari quali le prigioni. Ma anche perché le persone da raccontare non sono solo detenute e, pertanto, persone vulnerabili, ma sono ESSERI UMANI e, in particolare, DONNE.

La domanda sul perché andare in prigione a raccogliere storie di violenza sulle donne trova una riposta nei motivi stessi che hanno portato la Cooperazione italiana a sostenere il Governo libanese, colpito da una grave crisi economica e sociale, per migliorare la situazione penitenziaria e giudiziaria. In un paese dove la maggior parte della popolazione carceraria si trova in custodia cautelare, i detenuti hanno bisogno di assistenza legale e psicosociale. Sfida che AICS Beirut ha deciso di cogliere promuovendo iniziative a sostegno dei detenuti, in collaborazione con le OSC ARCS, Ajem e Movement Social.

Ho potuto vedere come il nostro sostegno fosse in grado di accendere SPERANZA a queste donne che sono in prigione pur essendo delle VITTIME.  Molte di loro sono finite in carcere a causa dell’ambiente familiare violento in cui hanno vissuto, per una reazione estrema a ennesime violenze subite, senza che la società intervenisse per aiutarle. Hanno dovuto proteggersi da sole e hanno visto come unica via d’uscita e ULTIMO GESTO DISPERATO il CRIMINE.

Mi ha molto colpito una donna detenuta, che ha già scontato 24 anni di prigione, quando mi ha detto “l’HO UCCISA” con le lacrime agli occhi, riferendosi alla sua datrice di lavoro.  Aveva solo 19 anni, era il suo primo lavoro come collaboratrice domestica e per difendersi dalle continue percosse ha compiuto questo gesto e ha passato il resto della sua vita in prigione.

Dal carcere si RIPARTE, le testimonianze delle detenute e degli operatori ci dimostrano che è possibile, che le attività intraprese con i progetti di cooperazione di AICS Beirut insieme alle OSC hanno un impatto positivo e sono fondamentali per avviare un processo di recupero.

L’assistenza legale, ci riferiscono gli avvocati di AJEM e Mouvement Social, è la prima cosa che chiedono i detenuti appena arrivano in prigione. Grazie a questa attività molte donne detenute, in attesa di giudizio da anni, hanno ottenuto una sentenza e sono uscite di prigione. Quando ho letto i rapporti sull’assistenza legale fornita con il nostro progetto, e ho appreso che alcune detenute sono state scarcerate, anche se è una goccia nel mare, questa goccia può ricominciare a vivere, e questa è la GRANDE GRATIFICAZIONE del mio lavoro in Cooperazione.

Il supporto psico sociale e la formazione le hanno aiutate a riprendere confidenza in sé stesse, a perdonare e non odiare coloro che le hanno maltrattate, a cercare di ristabilire un diverso rapporto all’interno della famiglia e a ottenere gli skills necessari per affermare la propria INDIPENDENZA nella vita futura fuori dalle mura carcerarie. È stata una soddisfazione sentire queste parole: – “Sono entrata in carcere che ero persa, spezzata, sola, adesso ho riacquistato fiducia in me stessa quando esco voglio lavorare ed essere autonoma”. 

Le testimonianze che abbiamo ascoltato devono far aprire gli occhi a tutti: alle altre vittime di violenza per reagire, denunciare e cercare supporto e alla società perché va cambiata la mentalità che tollera la violenza. Mi ha fatto riflettere che le stesse madri non si oppongano alle violenze sulle proprie figlie e a volte le mettano in atto loro stesse perché sono anch’esse vittime di una mentalità malata.

Ognuno di noi può e deve contribuire a combattere la violenza per tutelare ed affermare i diritti delle vittime che non devono restare SOLE.